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Senato della Repubblica
Istituto Luce - Cinecittà
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Andreotti, Giulio
dati anagrafici
Data di nascita: 14/01/1919
note biografiche - archivio luce
 politico italiano nato a Roma; presidente della FUCI dal 1942 al 1945, fu eletto all'Assemblea costituente ed entrò alla camera come deputato democristiano (1948), risultando rieletto anche nelle successive legislature; sottosegretario nei governi De Gasperi dal 1947 al 1953 e nel primo governo Pella (1953), assunse la carica di ministro degli interni nel 1954 nel gabinetto presieduto da Fanfani; fu successivamente a capo del dicastero delle finanze (1955-1958) e del tesoro (1958-1959), dal febbraio 1959 al febbraio 1966 ministro della difesa, poi ministro dell'industria e commercio dal 1968 capogruppo democristiano alla camera, formò il 17 febbraio 1972 il suo primo governo, che però non ottenne la fiducia del senato; nel giugno 1972, dopo le elezioni anticipate, costituì il suo secondo governoche cadde nel giugno del 1973; nuovamente ministro della difesa nel quinto governo Rumor (marzo 1974), poi ministro del bilancio e programmazione economica e per il Mezzogiorno nel governo Moro (novembre 1974), formò nell'agosto 1976 il suo terzo governo monocolore democristiano che godeva dell'astensione dei partiti del cosiddetto "arco costituzionale" (PCI, PSI, PSDI, PRI, PLI), da lui stesso definito governo della "non sfiducia"; costretto a dimettersi (gennaio 1978), dopo lunghe trattative formò il suo quarto governo, sempre monocolore, sostenuto direttamente da PCI, PSI, PSDI, PRI (senza i liberali). Il 16 marzo, presentatosi alla camera ancora sconvolta per il rapimento dell'onorevole Moro avvenuto nella mattinata, scelse la linea della fermezza contro il terrorismo; il governo durò fino al gennaio 1979: un suo tentativo di formare un nuovo governo fallì nel maggio per soli due voti; ministro degli esteri nel governo Craxi (agosto 1983), nel governo Goria (luglio 1987) e nel governo De Mita (1988-1989); nel 1988 formò il suo sesto governo, che si dimise nel 1991, anno in cui divenne senatore a vita; a capo del suo settimo governo (1991- 1992) rifiutò di controfirmare il messaggio alle camere del presidente della repubblica F. Cossiga in cui la costituzione veniva definita un "abito vecchio" da trasformare. Nel 1999, dopo aver subito due lunghi processi con l'accusa di attività mafiosa e di mandante dell'assassinio del giornalista Mino Pecorelli, viene assolto con formula piena dai tribunali di Palermo e di Perugia. La procura di Palermo decide comunque di ricorrere in appello. Nel mese di maggio 2003 è assolto dall'accusa di associazione mafiosa, mentre il 30 ottobre 2003 la Cassazione lo assolve dall'accusa di essere mandante dell'omicidio Pecorelli. Ha pubblicato molti libri che appartengono a tre filoni: quello di storico delle consuetudini vaticane; quello di ritrattista arguto e pungente delle molte personalità che ha incontrato e infine quello di dichiarato impegno politico
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